martedì 17 novembre 2015

IMI LICHTENFELD

La storia del Krav Maga passa necessariamente attraverso quella di un grande uomo e combattente: Imi Lichtenfeld.Imi nacque nel 1910 a Budapest da una famiglia Ebraico-Ungherese ma crebbe a Bratislava.
Suo padre Samuel era un ex atleta circense divenuto poi capo ispettore di polizia ed ebbe una grande influenza su Imi.
La passione per il circo,in particolare l’atletica e lo sport,condizionarono molto la vita di Imi che fin da piccolo si unì ad un circo itinerante.
Praticò molti sport dall’atletica al nuoto ma anche il pugilato e la lotta libera dove divenne campione nazionale in entrambe le discipline.
Allo scoppio dei primi moti antisemiti contro gli ebrei negli anni ’30 Imi si impegnò ,insieme ad alcuni amici ebrei,a difendere la propria comunità ingaggiando diversi scontri in strada.
La sua esperienza di lotta in strada segnerà profondamente la sua vita e le sue conoscenze tecniche giocheranno un ruolo fondamentale nella creazione del Krav Maga.

A seguito dell'occupazione nazista in Cecoslovacchia, per sfuggire all'olocausto fu costretto a fuggire assieme ad altri uomini lasciando Bratislava ed andando in Palestina nel 1940, dopo un viaggio molto travagliato a bordo di un battello fluviale chiamato Pentcho che fece naufragio su un’isola greca.

Nel 1944 partecipò alla costituzione dell’esercito israeliano e all’addestramento al combattimento dell’unità di Elite “Haganah” e “Palmach” unendo le sue conoscenze di allenamento fisico,lotta,utilizzo del coltello e le difese contro lo stesso oltre a tecniche di polizia tramandategli dal padre.
Era nato ufficialmente il Krav Maga come sistema di combattimento corpo a corpo per le unità di Elite dell’IDF.

Dopo aver terminato il suo servizio attivo,Imi modificò il Krav Maga per adattarlo alle esigenze civili ed aprì due centri di allenamento: uno a Tel Aviv ed uno a Netanya.

Continuò ad affinare il suo sistema e a seguire personalmente i suo migliori allievi divenuti nel frattempo istruttori e a diffondere il Krav Maga nel mondo.
Nel 1996 creò IKMF insieme a Eyal Yanilov,Avi Moyal,Gabi Noah ed Eli Ben Ami ,4 tra i suoi migliori allievi con l’intento di diffondere nel mondo il Krav Maga e di renderlo un sitema il più possibile alla portata di tutti.
Morì nel 1998 all’età di 88 anni.


sabato 26 settembre 2015

IL RISCALDAMENTO

Il Riscaldamento o warm up è una parte essenziale della lezione.
Chiunque frequenti un corso di sport da combattimento o arte marziale sa perfettamente che prima di iniziare a “fare sul serio” bisogna scaldarsi..
Ma cosa significa scaldarsi? E perché bisogna farlo?
Il riscaldamento serve in maniera molto semplice a Preparare il corpo al lavoro che gli andremo a chiedere di fare.
Con il riscaldamento si prevengono infortuni derivanti dall’eseguire movimenti bruschi o traumatici senza aver adeguatamente “ambientato” il corpo prima.
E perché si chiama Riscaldamento?
Beh in maniera altrettanto semplice perché in realtà andiamo ad innalzare la temperatura corporea,dei muscoli e del sangue favorendo la vasodilatazione.
Se i muscoli sono irrorati di sangue avranno una migliore elasticità,una maggiore estendibilità e una miglior resistenza alle lacerazioni.

Durante la mia formazione professionale ho incontrato grandi tecnici e preparatori atletici ed in generale ho potuto sperimentare vari modi di riscaldarsi.
Alla fine ho selezionato alcuni modi che ritengo personalmente validi scartandone altri.

Per me il riscaldamento migliore è suddiviso in 5 fasi:

-       CVS (cardio vascular system) :fase  in cui si mette in moto la circolazione sanguigna,tramite un po’ di corsa per esempio. Per innalzare il battito cardiaco è indispensabile muovere le Gambe che sono i muscoli più grandi e quindi richiedono maggior afflusso di sangue.
-       OILING o Mobilità: in questa fase si stimola la produzione del liquido sinoviale che favorisce lo scorrimento delle articolazioni eseguendo movimenti circolari con tutte le articolazioni del corpo.
-       STRETCHING: Da non confondere con lo Stretching fatto a fine lezione,eseguire alcuni allungamenti base (gambe,colonna vertebrale e braccia) in maniera non eccessiva e senza sforzi..dopo che i muscoli saranno irrorati di sangue si puo’ tenderli un po’.
-       POWER:eseguire un po’ di push up,squat e addominali non ha mai fatto male a nessuno e includerli nel riscaldamento aiuta a preparare il corpo ulteriormente preparando i gruppi muscolari che andremo ad usare prevalentemente negli sport da contatto.(gambe,petto ed addome)
-       GAME: un gioco tra compagni di allenamento per stimolare i riflessi e svegliare la mente…


Personalmente combino tutte le 5 fasi in sequenza in circa 15 minuti.
Di tutte le 5 fasi sopra descritte ce ne è una più importante delle altre: Il GAME
Le quattro fasi precedenti (cvs,oiling,stretching e power) vanno a lavorare sul corpo,mentre il Game va a lavorare sul cervello.
Eh si..bisogna scaldare anche il cervello!
In qualunque sport da contatto la mente è importantissima,pensate ad un pugile che deve combinare schivate ad azioni di attacco…ha bisogno di avere un cervello pronto!
Spesso anche per apprendere le nozioni tecniche che l’istruttore ci impartirà dovremmo essere attenti e concentrati e non è sempre facile esserlo…
Pensate a quante volte vi siete recati in palestra dopo una giornata lavorativa di 8 ore…
Magari con il capoufficio che vi ha rimproverato tutto il giorno..o magari dopo che problemi familiari o situazioni improvvise vi hanno condizionato mentalmente facendovi dire “oggi non è giornata..”
In quel momento vi recherete in palestra con la mente piena di pensieri e preoccupazioni e fondamentalmente è come se la vostra mente fosse un foglio pieno di scarabocchi ed appunti…semplicemente non ci sarà spazio per andarci a scrivere nuove informazioni.
Il Game è la soluzione per questo.
Un piccolo gioco di competizione fatto a coppie ad esempio tentare di sbilanciare il compagno partendo entrambi su un solo piede oppure passarsi tra coppie una palla in mezzo agli altri che tentano di impossessarsene,stimolerà la mente in maniera incredibile “svegliando” il cervello e i riflessi in pochissimi secondi ed in più vi farà quasi certamente SORRIDERE. Nel momento in cui apparirà sul vostro viso e su quello dei vostri compagni il “Sorriso” di divertimento improvvisamente avrete lasciato alle spalle i pensieri e le preoccupazioni e il vostro foglio scarabocchiato sarà tornato un foglio bianco pronto a essere riempito con nuove informazioni.
Bene ora sarete realmente pronti a ricevere le nozioni del vostro istruttore,imparare tecniche nuove etc..

Ovviamente bisogna distinguere il tipo di lavoro che andremo a fare durante la lezione.
Se ad esempio faremo una lezione di STRIKING di K1 o Muay Thai,il riscaldamento sarà prevalentemente svolto sui colpi e ad esempio includerà qualche minuto di “vuoto”.
Se invece faremo una lezione di Grappling o di MMA bisognerà svolgere una buona parte di riscaldamento anche a terra.
Preparare la schiena al contatto col terreno ad esempio con capriole oppure eseguendo le classiche manovre di “escape” o “ponte”.
Infine vi parlo della “corda”.
E’ risaputo che non amo particolarmente la corda come metodo di riscaldamento.
Non mi fa impazzire perché non include nessuna delle fasi che ho descritto sopra a parte la CVS e forse un po’ di oiling per le spalle..è tremendamente ripetitiva e non lavora sulla mente…si vedono allievi saltare la corda pensando a tutt’altro..Non è stimolante per un lavoro di gruppo perché è solo individuale e quindi sinceramente non faccio mai scaldare nessuno con questo metodo.
L’utilità di saltare la corda è dimostrato essere solo come “esercizio speciale” per fare fiato.

Alcuni minuti di corda a fine lezione aumentano la resistenza a fanno fare un “fiato di fondo” che comunque puo’ servire…anche se è bene ricordare che il fiato esplosivo si allena in maniera completamente diversa.

giovedì 6 agosto 2015

METODOLOGIA DELL’INSEGNAMENTO

Essere un istruttore di arti marziali o sport da combattimento è molto ma molto difficile.Questo bisognerebbe spiegarlo chiaramente nei corsi istruttori perché in realtà molti allievi sognano di diventare istruttori solo per sentirsi su un gradino più alto rispetto agli altri o magari perché sognano la tshirt da istruttore o la cintura nera di per sé.
Essere un buon istruttore va al di là delle competenze tecniche specifiche..in realtà non è poi cosi’ difficile acquisire tali nozioni..basta solo molta pratica.
Quello che è difficile e che rende un istruttore davvero bravo è il saper comunicare bene,riuscire a infondere in ogni allievo quelle nozioni tecniche e quei princìpi che ne sono alla base e questa è una caratteristica che non si insegna nei corsi.
 Negli anni ho acquisito un po’ di esperienza..per carità sempre troppo poca per sentirmi “arrivato” ma quel poco che ho imparato riguarda soprattutto il modo di insegnare.
Mi confronto sempre  volentieri con molti colleghi istruttori o maestri sulle metodologie di insegnamento,sui metodi di individuazione e correzione degli errori e sull’impostazione della lezione e ogni volta scopro un universo di approcci alla didattica veramente vario.
Se c’è una cosa che posso affermare con certezza è che non esiste un allievo uguale ad un altro e non esiste un metodo universale per far capire le cose alla gente.
Come istruttore bisogna imparare ad essere anche un po’ psicologo e saper interpretare i nostri allievi.Saper riconoscere quando possiamo correggere e spronare e capire invece quando è il caso di lasciar correre perché magari non è giornata.
Intuire i limiti personali di ogni singolo allievo nel sapersi correggere e nel recepire le correzioni e farle proprie…ci sono studenti che vogliono essere spronati ed altri che invece sono molto suscettibili e richiedono più calma.
In generale mi piace dare un tono energico alle lezioni ma saper correggere con pazienza perché ogni allievo ha bisogno dei suoi tempi tecnici.
Ma come si fa ad imbastire una lezione arti marziali?
Parlando di MMA,Grappling o Krav Maga ad esempio divido generalmente le lezioni settimanali,dedicandone una alla tecnica nuova,un’altra allo sparring o ripasso ed una prevalentemente fisica.
In questo modo si riesce ad avere un progresso tecnico che non vada a discapito della condizione atletica ad esempio.
Quando mi dedico alla spiegazione di una nuova tecnica generalmente spiego la situazione per la quale andiamo a vedere quella soluzione in particolare.
Mostro la tecnica veloce per la prima volta,dopodichè ripeto l’esecuzione da varie angolazioni a rallentatore.Successivamente vado a spiegare a voce i vari passaggi che compongono la tecnica senza dilungarmi in discorsi biblici.
Una cosa che odio sono ad esempio i video su youtube dove gli istruttori stanno 2 o 3 minuti a parlare prima di far vedere qualcosa.
E’ essenziale che la spiegazione sia sintetica e più chiara possibile,spiego al massimo 2 o 3 princìpi che compongono l’azione e la suddivido in STEP.
La suddivisione in Step è il miglior modo per spiegare tecniche complesse anche a principianti,mentre se lavorerete con atleti avanzati potrete anche evitare di usare il metodo a STEP.
Come funziona il metodo STEP?
Si divide la tecnica in 3-4 fasi al massimo e per ogni fase si fissa un CHECKPOINT finale ovvero un punto al termine dove tutti gli allievi devono trovarsi nella medesima posizione in modo da controllare di aver fatto bene tutti i movimenti e poter passare allo step successivo.
Questo induce ogni allievo a praticare una sorta di autocontrollo sul checkpoint e capire se ha fatto tutto correttamente e aiuta l’istruttore a verificare al termine di ogni Step quali allievi stanno commettendo un errore e quali no.
In pratica ogni tecnica da un Triangolo a un Armlock ad esempio si puo’ scomporre in più passaggi e quando un allievo non riesce a eseguirla gliela si rifà fare a step lentamente e si ripercorre insieme i checkpoint per capire dove sta l’errore.
Una volta completati tutti gli step varie volte faccio eseguire tutta l’azione in maniera fluida senza più suddivisione in modo che diventi parte di un unico movimento.
In questo modo si riesce ad assimilare ogni passaggio e farlo in maniera automatica.
Il problema poi è introdurre il fattore stress.
Qualunque tecnica insegnate dovrà essere eseguita in un contesto dinamico.
Una sessione di sparring di grappling ad esempio sarà ben diversa rispetto all’esecuzione di una tecnica standard con il compagno ,questo perché il vostro partner giocherà un ruolo attivo e cercherà di contrastare i vostri movimenti.
Servirà dunque aver assimilato ogni singolo passaggio ed averlo ripetuto molte volte e in modo veloce per poter “padroneggiare” una determinata azione ed essere in grado di eseguirla anche con una buona dose di stress fisico ed emotivo.
Per gli allievi e studenti: non vi scoraggiate se una determinata tecnica non vi riesce:non c’è un tempo tecnico uguale per tutti e soprattutto non c’è un numero di ripetizioni standard per fare propria una tecnica complessa.Anche i più bravi ripetono le azioni base migliaia di volte..se il vostro istruttore non vi insegna il metodo a Step provate a ripassare mentalmente la tecnica a casa e dividerla da soli in fasi e vedrete che capirete meglio ogni minimo movimento.L’approccio alla didattica è molto soggettivo e la metodologia d’insegnamento varia da istruttore a istruttore…di certo posso dirvi una cosa:
non esistono cattivi allievi…esistono piuttosto pessimi istruttori..quello si.


martedì 4 agosto 2015

IL GRAPPLING (SUBMISSION WRESTLING)

 Il grappling è senza dubbio una delle mie più grandi passioni.
Mi sono avvicinato a questa disciplina grazie ad un amico e grande maestro di nome Simone che mi ha trasmesso da subito la sua passione per questa disciplina e mi ha insegnato le basi di questo meraviglioso sport.
Chi si avvicina al mondo delle MMA per forza di cose dovrà imparare anche a lottare,e lottare sarà parte essenziale del bagaglio tecnico di un vero Fighter di arti marziali miste.
Fondamentalmente nell’MMA ci sono due importanti fasi: la parte di striking in piedi e la parte di lotta.
Lo striking nell’MMA deriva essenzialmente dalla Muay Thai e dal K1 seppure con alcune differenze di impostazione dovute all’uso dei guantini e di una posizione di guardia più raccolta in modo da difendere attacchi portati alle gambe.
La parte di lotta invece è un mondo a sé.
La bellezza del grappling è che è praticamente una scienza applicata al corpo umano…
La lotta ha una storia millenaria: si praticava nell’antico Egitto,In Grecia e nell’antica Roma.Certamente il grappling deve la sua popolarità anche al Brazilian Jiu Jitsu con cui è strettamente imparentato.
Il brazilian Jiu Jitsu inventato da Helio Gracie è un’evoluzione del Jiu Jitsu tradizionale focalizzando l’attenzione sul combattimento a terra con il Kimono o Gi.
Fondamentalmente si tratta di lottare avvinghiati ad un avversario e lo scopo è quello di sottometterlo costringendolo alla resa tramite tecniche dette appunto di sottomissione
Tali tecniche si dividono in tre grandi famiglie:

-       Strangolamenti o Soffocamenti
-       Leve o chiavi articolari
-       Compressioni muscolari

Ci sono migliaia di tecniche di sottomissione da studiare ed applicare e da ogni posizione che i due lottatori assumono si sviluppano migliaia di scenari possibili.
La fase di lotta inizia in piedi dove bisogna riuscire a proiettare l’avversario a terra per iniziare la fase di lotta al suolo…
La fase in piedi è molto delicata perché puo’ da sola determinare l’esito di un incontro.
In piedi bisogna conoscere bene tutte le tecniche di proiezione derivanti dal Judo,Jiu Jitsu,Lotta libera e lotta olimpica e padroneggiare bene tecniche come double leg,single leg,supplex o spazzate e proiezioni di anca ad esempio…
Durante gli allenamenti conviene dedicarsi bene alla fase di transizione per portare a terra , le tecniche sopracitate vanno ripetute all’infinito e bisogna imparare l’arte di saper squilibrare l’avversario con precisione millimetrica.
Grande importanza è l’impostazione di partenza e il sapiente uso del baricentro di ogni lottatore…in genere i lottatori hanno un collo taurino ed una forza nelle spalle e nelle anche superiore ad ogni altro fighter perché si allenano specificamente per essere forti come tori.
Una volta a terra bisogna riuscire a guadagnare punti mantenendo delle posizioni dominanti che di per sé possono anche farci vincere un match senza bisogno di ricorrere alle tecniche di sottomissione.
Infine ci sono le finalizzazioni o sottomissioni appunto dove si infligge una buona dose di dolore all’avversario costringendolo alla resa tramite il famoso “TAP”.
Nel grappling non ci sarà mai un incontro uguale ad un altro…
La cosa veramente affascinante è che si tratta di una gigantesca partita a scacchi…ogni mossa ha la sua contro mossa e per ogni posizione o tentativo di sottomissione si hanno varie soluzioni da contrapporre per ribaltare completamente lo scenario.
E’ una disciplina che richiede un grande freddezza e lucidità nei contendenti..chi si fa prendere dalla foga o dalla rabbia finisce per commettere un errore e in genere nel grappling gli errori si pagano cari.
A differenza degli sport di Striking nel grappling c’è molta fase più di studio e la fatica di un combattimento a terra è immensa…spesso molti fighter allenati nella muay thai soffrono terribilmente anche solo facendo 1 minuto di lotta a terra…

Un fantastico sistema di allenamento alla fatica soprattutto per la mente..